"Acquadolce"
 

Lettera aperta a Equo Garantito

28 maggio 2021 - di Fiorenzo Testa

1 giugno 2021

1. Premessa

Siamo tutti consapevoli ormai che la pandemia da COVID 19 ha causato l’ennesima crisi economica forse tra le più devastanti della storia. Di questa crisi ne abbiamo risentito, anzi è stata subita, da tutti, sia a livello nazionale che internazionale e chi più di noi, organizzazioni del ComES, può toccare con mano la portata e le conseguenze di questa crisi. Molte botteghe sono state costrette a interrompere la loro attività, altre si sono reinventate un nuovo approccio commerciale e distributivo, tra mille difficoltà. Ma anche i piccoli produttori del sud del mondo, che si ostinano consapevolmente a far parte di questa famiglia, hanno subito impotenti il declino economico e sociale loro e delle loro comunità. Il Rapporto Annuale 2021 di Equo Garantito è stato redatto tenendo presente i dati relativi ai bilanci delle attività delle organizzazioni socie del 2019, quindi ancora non sono stati analizzati i dati del 2020, l’anno in cui la crisi pandemica ha causato la maggior parte della sua devastazione economica e sociale che sta continuando nel 2021. Quindi le ferite sono ancora aperte e lungi dall’essere rimarginate. Noi, Associazione Acquadolce, non siamo soci di Equo Garantito, siamo una piccolissima realtà di provincia che “resiste” da 16 anni con una piccolissima bottega e porta avanti le istanze del ComES come se lo fossimo soci, cercando di stare al passo di tutti gli aggiornamenti e le attività e i principi che Equo Garantito divulga e porta avanti; ci occupiamo anche di altro che comunque non è disgiunto dall’applicazione dei prin-cipi del ComES, come la difesa dell’Acqua pubblica, dell’ambiente e della Biodiversità. Abbiamo un nostro sito web dove riportiamo e pubblichiamo le nostre ricerche, documenti, attività, le nostre analisi, come finestre sul mondo, che cercano di accompagnare e sostenere idealmente e eticamente le attività della bottega. Insomma, nel “nostro piccolissimo”,così, artigianalmente, abbiamo costruito una narrazione, un punto di vista che vorremmo mettere a confronto con l’organizzazione “madre” e condividere con la famiglia del ComES e con le realtà sociali diverse con cui comunque collaboriamo nel nostro territorio e con cui spesso ci ritroviamo ad essere compagni di viaggio. Abbiamo letto il “Rapporto” 2021 di Equo Garantito e abbiamo seguito gli interessanti webinar della campagna “IONONTORNOINDIETRO”, abbiamo anche letto e studiato i vari rapporti su determinati temi specifici pubblicati negli anni da Equo Garantito e ne abbiamo fatto tesoro. Ci siamo accorti di una cosa, forse sbagliando, ma di questo errore vorremmo esserne certi, che la pandemia ha creato uno spartiacque informativo e culturale anche dentro il mondo del ComES.

2. Crisi pandemica e criticità dell’informazione

La causa di questa ennesima crisi sistemica è proprio colpa della pandemia?
Abbiamo dato per scontato, e anche dai webinar è uscito fuori, che la narrazione, l’informazione ufficiale, fosse tutta protesa alla ricerca della verità, senza però tener conto dei fatti e dei dati stessi forniti dalla informazione ufficiale e senza tener conto di un’informazione altra che avrebbe dovuto avere pari dignità e pari diritto di cronaca. Partendo dal presupposto oggettivo e asettico che “la realtà è nemica della verità”, non avremmo dovuto tener conto di tutti i dati reali a disposizione ma, soprattutto, avere un approccio più “scientifico” nell’analisi delle conseguenze economico-sociali delle scelte “politiche” fatte in nome della difesa dalla pandemia? Visto che ci interessano e ci investono direttamente nella nostra attività, ma investono ancor più direttamente quelle comunità che il ComES in qualche modo intende salvaguardare ed emancipare? A dire il vero, a noi è sembrato un po’ elusivo e superficiale, quando si è trattato di parlare degli effetti devastanti della pandemia, non approfondire proprio l’aspetto dell’informazione e dell’analisi critica su quanto ci è stato fino ad oggi raccontato. Ma partiamo dai dati COVID forniti dal Ministero della Salute: [1]
(Ultimi dati OMS. Fonte: Health Emergency Dashboard, 19 Maggio ore 04.08 pm )
163.312.429 casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia
3.386.825 morti
alla data del 16 Maggio 2021 sono state somministrate 1.407.945.776 dosi di vaccino
Regioni OMS
Europa
(Ultimi dati OMS, inclusa Italia, fonte Dashboard Who European Region, 19 Maggio ore 10.00 am)
53.890.197 casi confermati
1.127.964 morti
Regno Unito casi confermati 4.452.760 morti 127.684
(Ultimi dati, inclusa Italia, fonte Dashboard ECDC, 13 Maggio 2021)
Francia casi confermati 5.777.087 morti 106.421
Spagna casi confermati 3.581.392 morti 78.895
Italia casi confermati 4.111.110 morti 122.833
Germania casi confermati 3.527.251 morti 84.829
America
(Ultimi dati OMS. Fonte: Health Emergency Dashboard, 19 Maggio ore 04.08 pm)
65.054.067 casi confermati
1.590.802 morti
Sud Est Asiatico
28.671.811 casi confermati
349.375 morti
Mediterraneo orientale
9.705.215 casi confermati
195.025 morti
Africa
3.412.133 casi confermati
85.117 morti
Pacifico Occidentale
2.763.608 casi confermati
41.368 morti
Estrapolando le percentuali per l’Italia, abbiamo che il tasso di letalità è pari al 2,99% e quello di la mortalità è del 0,2%. L’Italia ha applicato le misure più restrittive ma ha avuto il maggior numero di morti nei paesi dell’UE. Ebbene in base a questi dati è giustificata la messa in ginocchio dell’intera economia nazionale? E’ giustifica la soppressione dei diritti fondamentali della persona? E’ giustificata l’imposizione della terapia vaccinale sperimentale, senza peraltro verificarne l’effettiva efficacia, come appare da un recente studio dell’università di Oxford [2] , senza sapere le conseguenze nel medio-lungo termine? E’ una vera pandemia? Cosa ne pensa di tutto questo il Commercio Equo e Solidale?
Le misure sanitarie, economiche e di carattere sociale messe in campo sono sufficienti per ostacolare la pandemia?
I governi italiani, già latitanti sulla Sanità pubblica e complici del suo degrado, hanno avuto più di un anno di tempo per potenziare le strutture più soggette a criticità rispetto ad un eventuale piano anti-pandemia per l’Italia (inesistente: l’ultimo Piano risale al 2007) come la Sanità territoriale, la Sanità in generale, i trasporti, i plessi scolastici. Si parla solo di investimenti di là da venire, di progetti, di programmi, di salvaguardia delle imprese, ma non dei lavoratori, di aiuti promessi ma non ancora arrivati, ecc. Una Sanità pubblica che è stata depauperata, negli ultimi 10 anni, da 37 miliardi di tagli, con conseguente perdita di oltre 70.000 posti letto, 359 reparti chiusi, oltre ai numerosi piccoli ospedali riconvertiti o abbandonati [3] che hanno causato la mancanza di assistenza per interi territori; il mancato coinvolgimento di circa 44.000 medici di base [4] ridotti ad applicare un protocollo di cura anti COVID a dir poco vergognoso: “…..nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, si forniscono le seguenti in-dicazioni di gestione clinica:•vigile attesa(intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente);•misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;•trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo oFANS in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso)……. .  [5] Mentre da altre fonti documentate sappiamo che esistono farmaci che curano per lo meno nella parte iniziale della malattia e che hanno la stessa validità scientifica di quelle fornite dal Ministero della Salute perché già sperimentate con successo da ricercatori istituzionali, medici, scienziati di fama internazionale e pubblicate sulle riviste scientifiche più autorevoli e già in commercio, e menzionate anche dalla stessa AIFA . [6] Si poteva evitare l’intasamento degli ospedali con conseguenti effetti fatali per i malati? Basterebbe leggere i dati ISTAT sulla mortalità in Italia e ci si renderebbe conto che il 90% dei morti avvenute a causa del COVID sono avvenute nella fascia di età oltre i 70 anni con patologie pregresse. E inoltre, sempre dai dati ISTAT, la mortalità generale degli ultimi 10 anni si attesta intorno ai 600 mila morti l’anno di cui circa 50 mila solo per malattie respiratorie (non COVID) . [7] Purtroppo i morti in Italia ci sono e ci saranno ma non per questo, negli anni precedenti,sono state chiuse tutte le attività economiche. Anche nel resto del mondo, e voi lo sapete meglio di noi, ci sono più morti di COVID o più morti per fame e guerre? Ad oggi il numero di morti per COVID si sta attestando intorno ai 100-120 casi al giorno, prima, nei periodi di picco, erano intorno ai 300-400 casi circa al giorno, mentre i morti per tumore sono circa 500 al giorno, tutti i giorni e tutti gli anni, possiamo fare una riflessione su tutto questo? [8]
La “verità” dei numeri rispecchia la realtà?
La prima notizia ufficiale che sappiamo sull’esistenza di una epidemia di SARS-COV2 risale tra ottobre e novembre 2019 [9] e l’OMS ha notizia dell’esistenza di un focolaio in Cina il 31 dicembre 2019 [10] , il Governo Italiano emette il primo provvedimento sullo stato di emergenza il 31 gennaio 2020 [11] e il primo focolaio, però, segnalato in Italia risale al 21 febbraio 2020 [12] . All’inizio della pandemia le informazioni sulla mortalità da COVID 19 erano devastanti ma non hanno tenuto conto delle cause, della fascia di età più a rischio, della mancanza di cure, della mancanza di autopsie . [13] Tutto questo ha alterato l’informazione e la percezione delle notizie da parte dell’opinione pubblica e ha instaurato un clima di terrore nella popolazione sicuramente sovradimensionato [14] rispetto a quanto successo negli anni precedenti. Per esempio, nel 2019 a causa dell’influenza si sono registrati 27 mila morti di cui il 90% oltre i 70 anni e con patologie pregresse e spesso residenti in RSA, esattamente come per il COVID, solo che in questo caso le RSA sono diventate dei veri e propri focolai di infezione lasciati a se stesse, soprattutto in Lombardia. Ma la cosa che desta curiosità è che la maggior parte dei casi di contagio e delle morti è avvenuta in un determinato periodo dell’anno e un in determinato territorio: Lombardia [15] , provincie di Bergamo e Brescia. Ma con il passare del tempo a mano a mano si scopre che prima di tutto la Lombardia ha dirottato finanziamenti dalla Sanità pubblica a quella privata a discapito degli ospedali e centri di cura e assistenza pubblici dove poi è avvenuto il maggior intasamento di ricoveri; secondo, il territorio di Bergamo e Brescia è tra i più inquinati d’Italia a causa di una alta concentrazione di industrie ad alto potenziale di emissione di scorie e una importante presenza di inceneritori ad alta emissione di polveri sottili, e questa concentrazione investe tutta la pianura Padana . [16]
La gestione politica della pandemia e l’informazione mainstream hanno utilizzato dati scientifici, analisi obbiettive, studi indipendenti per salvaguardare la salute fisica, mentale e sociale dei cittadini?
L’OMS ha dichiarato più volte che la chiusura di tutte le attività (lockdown) non era una soluzione al problema della pandemia [17] e oltre 16 mila medici e scienziati hanno firmato un appello per mettere fine ai lockdown . [18] Gli stessi esperti del CTS Italiano erano contrari all’adozione di queste misure estreme restrittive estese al tutto il territorio nazionale ma solo nelle aree di maggior contagio . [19] L’OMS ha anche richiamato l’Italia ad una corretta analisi dei tamponi PCR che venivano processati oltre i 25-30 cicli di amplificazione proprio per evitare l’insorgenza di casi falsi positivi al COVID 19 . [20] Tutto questo avrebbe dovuto indurre la “politica” a decidere secondo equilibrio e ragionevolezza creando le condizioni economiche e sociali per curare la malattia senza dover mettere in ginocchio l’economia dell’intera nazione. La cosa sconcertante è che quasi tutti i governi del mondo, chi più chi meno, hanno adottato misure stringenti e autolesioniste per le rispettive popolazioni. Questo però non vuol dire che se tutti o quasi tutti pensano la stessa cosa, quella sia la cosa giusta, ovvero che se la maggioranza è d’accordo con un provvedimento, quel provvedimento sia giusto e conveniente per tutti, senza nemmeno un confronto in contraddittorio, è così e basta. Così facendo saremmo di fronte non ad una democrazia ma alla dittatura della maggioranza. Inoltre si dovrebbe analizzare la consapevolezza di questa maggioranza e il tipo di informazione/formazione che avrebbe ricevuto per giungere a questa conclusione. Ma, a quanto sembra, l’informazione in tema di pandemia non è stata proprio così obbiettiva ma spesso appiattita sulle tesi dei governanti e di chi detiene i mezzi di produzione/informazione. Tutti i più importanti mezzi di comunicazione, stampa, TV e social si sono trovati d’accordo nel fornire informazioni spesso false o non attinenti alla realtà, e tutti i più importanti mezzi di informazione fanno capo a pochissime realtà/centrali imprenditoriali/finanziarie, vere e proprie holding che poco hanno a che fare con l’editoria come il gruppo GEDI spa [21] che in più detiene, con la controllata A.Manzoni & C., il maggior pacchetto clienti per la gestione della pubblicità con la quale si finanziano le maggiori testate giornalistiche, una costellazione di testate locali e alcune importanti radio di diffusione nazionale . [22] A seguito di questa campagna mediatica portata avanti da un esercito di media, socialmedia, ecc. ha determinato una serie di provvedimenti (DPCM) successivi del Governo italiano che sono arrivati fino a sospendere diritti costituzionali [23] la cui rilevanza la magistratura ordinaria e amministrativa, a cui i cittadini si sono rivolti, ha più volte censurato , [24] ma l’informazione è rimasta pressoché silente. La politica è andata anche oltre, per accaparrarsi definitivamente il benestare dell’informazione a livello capillare, ha emesso un provvedimento che finanzia tutte le emittenti radiofoniche e televisive locali, a condizione che, sulla pandemia, pubblichino solo notizie fornite dal Governo. [25] E’ chiaro che in queste condizioni l’informazione risulta falsata, peccando di partigianeria e mancanza di obiettività.

3. Ambiente e transizione ecologica: il caso dell’Acqua

Ci troviamo quindi di fronte a una devastante crisi che minaccia il nostro pianeta e che si manifesta attraverso la grande erosione della biodiversità, il cambiamento climatico, l’erosione dei suoli,l’impoverimento delle risorse idriche e la contaminazione dell’acqua, la diffusione di fame, malnutrizione e malattie croniche non trasmissibili. Ma la crisi colpisce soprattutto i piccoli agricoltori che mancano sempre più dei mezzi di sussistenza determinati dal crescente indebitamento per stare al passo delle richieste del sistema agroalimentare industriale non sostenibile, basato sull’uso massiccio di combustibili fossili, prodotti chimici e della finanziarizzazione dell’economia. Gli impatti negativi sul pianeta e sulle persone si basano sul paradigma scientifico-tecnologico ed economico dettato dal profitto e dall’accumulazione del capitale. Questa visione utilitaristica del mondo, affonda le sue radici nella guerra, sia essa di natura militare che economica. Molti prodotti chimici usati nell’agricoltura hanno origine dalla sperimentazione eugenetica, nell’utilizzo delle camere a gas, nelle deportazioni in campi di concentramento, cioè la guerra. [26] L’Agenda 2030 [27] per lo sviluppo sostenibile lanciata dall’ONU si pone degli obiettivi assolutamente utopistici per come in questo momento è governato il mondo, come l’abolizione totale della fame e della povertà che dovrebbe avvenire nel 2030, dopo secoli di sfruttamento e di accumulazione di capitali e che continua oggi. Lo sfruttamento delle risorse da parte dei paesi ricchi a discapito di quelli poveri si inasprisce ancora di più oggi proprio per l’accaparramento di quelle materie prime che servono ai paesi ricchi per mantenere e sviluppare le tecnologie necessarie per rendere il pianeta, a detta loro, più vivibile, attraverso la transizione digitale. Sappiamo benissimo che per costruire le batterie, sempre più efficienti, per i motori elettrici abbiamo bisogno di super conduttori, per digitalizzare tutti gli apparati pubblici e privati abbiamo bisogno dei micro conduttori come per i cellulari sempre più veloci e superaccessoriati. Tutte queste materie si trovano nei sottosuoli dei paesi poveri, come Repubblica Democratica del Congo (provincia del Katanga), Nigeria, Ruanda, Uganda e Etiopia e Mozambico . [28] Esattamente quei paesi devastati da guerre, miseria, sfruttamento e disperazione e da cui provengono quei migranti disperati che, noi paesi ricchi, quando va bene, accogliamo per mantenerli poi in una condizione di semischiavitù. Questi stessi paesi a capitalismo avanzato dovrebbero assicurare gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, senza però stravolgere le loro economie fondate sul profitto, quel profitto il cui oggetto di ricerca non è più la fabbrica novecentesca ma le grandi centrali di informazione/produzione di dati, le BigTech, ad alto sviluppo tecnologico? Come faranno?
Il Commercio Equo si sta interrogando su questo problema o da per scontato che la governance economico-finanziaria mondiale farà queste scelte a discapito dei sui stessi interessi?
L’Europa ha definito il suo piano Nex Generation EU e ha dato direttive precise agli stati membri per l’attuazione dei principi scaturiti dall’Agenda 2030, come la famigerata Transizione Ecologica. Il Governo Italiano ha diligentemente redatto il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stabilendo le linee guida del nuovo approccio ai problemi ambientali . [29] La declinazione finale del governo Draghi di questi principi europei nella “proposta di Recovery plan o PNRR italiano” risulta invece orientata di fatto a sostenere filiere, progetti e tecnologie già obsolete e spesso del tutto antagoniste rispetto agli obiettivi di abbattimento delle emissioni in atmosfera e quindi al contrasto ai cambiamenti climatici. Di fatto l’obiettivo perseguito è l’espropriazione delle infrastrutture strategiche nazionali, tramite il perverso impianto di “riforme strutturali” che obbligano al ricorso al “libero mercato”, dal favorire i grandi operatori multiutility ai nuovi gestori di reti informatiche, dal favorire i monopoli privati nelle reti impiantistiche idriche e dei rifiuti urbani al prevedere nuove concessioni a privati della rete di mobilità autostradale e di alta velocità. le misure previste dal PNRR hanno una chiara impostazione industriale anche in campo agricolo: logistica, commercio e internazionalizzazione, aspetti da valutare ma sicuramente meno importanti del mantenimento della fertilità del suolo, della difesa della biodiversità e la manutenzione dell’assetto idrogeologico dell’intero territorio nazionale, già in pericolo da anni. Dunque, si parla molto genericamente di un’agricoltura più sostenibile, ma senza rispondere alle vere emergenze ambientali. Anziché puntare sull’agricoltura biologica, che rispetta le indicazioni dell’agroecologia, si parla di agricoltura di precisione, cioè una gestione aziendale finalizzata all’aumento dell’efficienza produttiva ed economica, che raramente è accompagnata da benefici ambientali con un’apparente riduzione delle sostanze chimiche impiegate; mentre rischia di mettere ancora più in difficoltà le piccole e le micro aziende. [30] L’Agenda 2030 dell’ONU a cui hanno aderito 197 paesi tra cui Italia, Europa e Stati Uniti d’America, ha stabilito: ”Obiettivo 6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” . [31] Già dal 2010 l’ONU aveva emanato una dichiarazione in cui impegnava gli Stati membri ha stabilire una gestione dell’acqua potabile rispettosa dei diritti umani e a definire la quota minima di acqua potabile spettante ad ogni persona del pianeta, per la propria sussistenza . [32] Il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 08/09/2015 stabiliva che la gestione del Servizio Idrico doveva essere rispettosa dei diritti umani, fuori dalle logiche del profitto e gestita da enti pubblici, accogliendo l’iniziativa dei cittadini europei (ICE) che aveva raccolto 1 milione e 700 mila firme in tutti i paesi dell’UE . [33] In Italia già il 12 e 13 giugno 2011 il referendum popolare aveva stabilito una gestione del Servizio Idrico come servizio pubblico fuori dalla logica del mercato e del profitto. [34] Eppure tutti i buoni propositi sulla democrazia e i diritti umani sono stati cancellati da decisioni governative illegittime o da non-decisioni e siamo andati avanti per altri 10 anni senza che nessun Governo, nessun Parlamento, nessun Ente politico-istituzionale, neanche i massimi organi giurisdizionali abbiano proferito parola sull’applicazione della volontà popolare. Eppure esiste una Costituzione che è stata, ancora una volta, violata . [35] La risposta delle grandi centrali finanziarie a tutti questi buoni propositi è stata che l’acqua, oggi, è in Borsa quotata come titolo finanziario dalla Cme Group, una società attiva nello scambio di future e derivati, che ha lanciato il primo contratto collegato ai prezzi dei diritti sull’acqua in California. Gli Stati nazionali, membri dell’ONU, ancora una volta tacciono. Con questa operazione puramente speculativa, l’acqua è diventata una merce esattamente come il petrolio e tutte le fonti di energia fossile. Il fatto venne denunciato dal Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua, Pedro Arrojo-Agudo, che l’11 dicembre 2020 aveva espresso grave preoccupazione alla notizia che l’acqua verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street. [36] Gli stessi titoli derivati, ricordiamo bene, che hanno causato la crisi del 2008. La gestione dell’acqua in Italia, è gestita, nella maggior parte dei casi, da multi utility quotate in borsa, quindi soggette alla fluttuazione del mercato azionario, cosa succederà al ben comune più prezioso per il pianeta? Oggi l’ONU pretende di ristabilire in 10 anni tutto quello che per quasi un secolo si era promesso di mettere in pratica senza riuscirci, confidando sulla bontà e la magnanimità della stessa governace che ha portato il pianeta e le persone che ci vivono sull’orlo dell’autodistruzione.

4. Economia di mercato e Economia Civile: due facce della stessa medaglia?

“Il neoliberismo è un indirizzo di pensiero economico che, in nome delle riconfermate premesse dell’economia classica, denuncia le sostanziali violazioni della concorrenza perpetrate da concentrazioni monopolistiche all’ombra del laissez-faire e chiede pertanto misure statali atte a riaffermare l’effettiva libertà di mercato e a garantire con ciò il rispetto anche delle libertà politiche” . [37] Questa definizione che sembra riscoprire il concetto di libertà e di libera espressione delle proprie aspirazioni nasconde tra le righe quello che effettivamente determina nella pratica. Prima di tutto riafferma la caratteristica pregnante del capitalismo, la concorrenza, e, la libertà che tanto declama nella sua fervente ricerca della felicità dell’individuo, è in effetti la pura e semplice libertà di mercato. Per quanto riguarda poi la difesa da concentrazioni monopolistiche è un’affermazione a dir poco contraddittoria, visto che i cartelli delle multinazionali dell’agroalimentare che impongono i prezzi di acquisto ai produttori, non sono altro che concentrazioni monopolistiche; per non parlare dei servizi pubblici come il Servizio Idrico che sono dei veri monopoli naturali gestiti in modo privatistico da poche grandi imprese del settore, con il concorso degli Enti pubblici con cui spartiscono allegramente gli utili. Il corto circuito poi diventa inevitabile mettendo insieme la libertà di mercato con le libertà politiche, ma manca, e non potrebbe essere altrimenti, il soggetto di queste libertà, l’uomo, l’individuo portatore di diritti inalienabili. Fin dall’inizio della costruzione dell’economia politica, la natura viene estromessa dall’economia: “Le ricchezze naturali -scrive Jean-Baptiste Say- sono inesauribili, in quanto se non fosse cosi non le otterremmo gratuitamente. Non possono essere né moltiplicate né esaurite, non rientrano nella scienza economica”. Agli studenti di economia si insegnava che l’aria e l’acqua sono risorse illimitate e dunque non sono beni economici. Questa presentazione delle risorse naturali come illimitate e gratuite ha resistito nei manuali di economia almeno fino al 1980, quando il Club di Roma aveva già tirato il segnale d’allarme del loro esaurimento. Grandi economisti come Robert Solow scrivevano: “L’antica preoccupazione circa l’esaurimento delle risorse naturali non e’ più fondata su alcuna solida base teorica”. Da qui parte il concetto di sostenibilità, “l’urgenza “rivo-luzionaria” e non più filosofica per accelerare gli investimenti verso un’economia verde.” [38] Ma questa ossessionante ricerca della sostenibilità ha portato oggi a definire dei veri e propri para-dossi, soprattutto nel campo agroalimentare. La Commissione Europea ha, in questi giorni lanciato il programma di sostenibilità alimentare definendo la cosi detta NUTRI-SCORE , [39] sistema di etichettatura nutrizionale frontale scelto da alcuni paesi europei per facilitare gli utenti ad analizzare in modo più chiaro l’etichetta con tutti i valori nutrizionali. Questo sistema prevede l’utilizzo di due scale correlate per valutare la qualità dei prodotti: una che utilizza cinque gradazioni cromatiche dal verde al rosso e un’altra invece che prevede cinque categorie classificate con le lettere dalla A alla E. Al di là dal fatto che la gradazione della qualità dei prodotti che indica con A il migliore e con E il peggiore, giunge al paradosso di classificare, ad esempio, la Coca-cola o la Red Bull come più salutari del parmigiano reggiano o dell’olio di oliva, questo tipo di classificazione renderebbe non proprio salutare quello che per decenni è stata la produzione agricola di qualità, non solo per i nostri piccoli produttori, ma per gli agricoltori del sud del mondo che da secoli coltivano i loro prodotti con lo stessa attenzione per l’uomo e per la natura e di cui il Commercio Equo si è fatto partecipe, promotore e garante. Questo sarebbe il frutto della sostenibilità e della transizione ecologica nella visione del nuovo corso “verde” del neoliberismo o, se vogliamo, del “Capitalismo dal volto umano”? Dobbiamo prendere atto che questo nuovo corso “green” glo-balizzato è stato, paradossalmente messo nero su bianco dai padroni del mondo, da quelle stesse persone che hanno sfruttato e affamato le popolazioni ormai da secoli e che oggi si ergono a paladini, salvatori dell’umanità, “riconvertendo” la loro missione originaria di accumulatori di ricchezza, in capitalisti illuminati, filantropi, ecc.. Ogni anno, a metà gennaio, un paesotto sulle Alpi svizzere ospita per cinque giorni presidenti e primi ministri, banchieri centrali e boss di grandi aziende, industriali, miliardari, influenti accademici, sportivi, attori, rockstar, innovatori, giovani e non, nel World Economic Forum di Davos. Il Forum (acronimo WEF) è un’organizzazione internazionale che dà lavoro a circa 800 persone ed è governata da un Board of Trustee che garantisce il rispetto dei valori e il raggiungimento degli obiettivi. L’ottantaduenne professor Klaus Schwab [40] è il presidente esecutivo e continua a presiedere e presentare gli incontri con le personalità più importanti che ospita, in una recente intervista con il Financial Times, ha ricordato che il WEF «è sempre stato concepito come piattaforma per gli investitori». In questo mezzo secolo la piattaforma è diventata altro ma il professore assicura che non ha mai perso la sua anima. Certo l’ha evoluta perché si è adattata ai tempi e i tempi hanno portato con sé più politica e più personalismi, si è andati oltre le discussioni accademiche attorno al lavoro dell’economista americano Milton Friedman . [41] Davos si offre come levatrice di un capitalismo etico, e vara oggi un nuovo Manifesto che aggiorna il primo del 1973 e sia guida «per le aziende nell’era della Quarta Rivoluzione Industriale» . [42] Ebbene,il fondatore del WEF, Klaus Schwab, ha affermato: «Abbiamo un solo pianeta e sappiamo che il cambiamento climatico potrebbe essere il prossimo disastro globale con conseguenze ancor più drammatiche per l’umanità». [43] Non è quello che afferma anche l’ONU? E i partecipanti a questo consesso globale non sono gli stessi che detengono l’80% della ricchezza mondiale come hanno sempre denunciato la stessa ONU, Oxfam e tutte le organizzazioni di Commercio Equo nei loro rapporti? Tutto il mondo economico-finanziario definisce il WEF come “…..una finestra aperta sul mondo in cambiamento e un palcoscenico privilegiato dove grandi imprenditori, uomini politici importanti, esponenti di istituzioni prestigiose, dall’ONU alla BCE fino al FMI possono condividere preoccupazioni e soluzioni utili per lo sviluppo di una società mondiale più prospera, innovativa, sostenibile. Per questo, il World Economic Forum è importante e sapere cos’è l’evento di Davos ha una certa rilevanza per la comprensione del mondo che si sta vivendo” . [44]
Bisogna guardare in faccia la realtà o basta abbracciare una verità?
Prendendo a prestito i principi della logica moderna, possiamo azzardare ad affermare che non esiste una verità assoluta, umanamente accettabile, in quanto nessun sistema di leggi e regole ha in se la certezza della coerenza. Kur Gödel , [45] matematico tedesco, nato in Moravia, negli anni 20-30 del secolo scorso, con i suoi teoremi di incompletezza dimostrò che non è possibile stabilire la coerenza di un sistema con gli elementi del sistema stesso. Questa dimostrazione ribaltò completamente il principio di non contraddizione aristotelico, fino ad allora, postulato fondante della logica formale. I suoi teoremi stabilirono infatti che bisogna andare oltre la logica binaria, fondata su due termini “Vero/Falso” ma inserì un terzo operatore logico nell’analisi scientifica: “l’idecidibilità”, la terza via. Se applichiamo questo approccio analitico all’economia sociologica possiamo scoprire che per quanto affascinante sia la teoria dell’Economia Civile, forse sarebbe da considerare il vecchio detto “non è tutto oro quello che luccica. “Con economia civile si intende un modo di pensare al sistema economico basato su alcuni principi – come la reciprocità, la gratuità e la fraternità – che superano la supremazia del profitto o del mero scambio strumentale nell’attività economica e finanziaria. L’economia civile si propone come possibile alternativa alla concezione capitalista, dove il mercato diventa la principale e unica istituzione necessaria per la produzione e distribuzione di beni. L’economia civile cerca di tradurre la convinzione che una buona società è frutto sia di un mercato che funziona sia di processi che attivano la solidarietà da parte di tutti i soggetti. Quindi l’attenzione alla persona non è elusa e neppure rimandata alla sfera privata o a qualche forma di pubblica filantropia che si limita a curare le disfunzioni del mercato. Se potessimo dirlo con un’unica espressione, diremmo che l’economia civile propone un umanesimo del mercato. Si tratta di un cammino iniziato da diversi anni, attraverso esperienze concrete – basti pensare all‘Economia di comunione e a tutto il vasto mondo della cooperazione – che mostra come sia concretamente possibile un percorso di incivilimento del mercato” . [46] “Numerosi servizi forniti generalmente da strutture pubbliche o private – scriveva ancora nel 2003 Bonaiuti, ispirandosi a Zamagni – in futuro potranno svilupparsi nel quadro dell’economia solidale: basta pensare al settore della conoscenza/informazione (scuole, centri di formazione universitaria e professionale, cinema, televisione, radio, libri, editoria). In questo contesto, il legame tra l’ecologicamente sostenibile e il socialmente sostenibile dovrebbe essere chiaro. L’espansione dell’economia solidale attraverso la produzione di beni relazionali crea non soltanto un valore economico laddove può ridurre al minimo il degrado della materia/energia, ma costituisce anche una via potente verso la realizzazione di un’economia giusta’”. Ma, in realtà, niente e’ meno scontato, né la riduzione significativa dell’impronta ecologica, né quella della ingiustizie. In effetti i beni relazionali sono vittime di un sofisma. Perché, se questi beni relazionali non sono mercificati, non rientrano nell’economia capitalistica e dunque la loro moltiplicazione non tocca in alcun modo il meccanismo della crescita. Nata con l’Illuminismo, l’economia politica e’ la figlia naturale dell’ideologia del progresso, del liberalismo. La scienza economica e gli economisti si sono lanciati nella modernità e hanno organizzato la logica dello sviluppo e della crescita illimitati, ignorando la finitezza dell’ecosistema. Hanno giustificato il sistema produttivista, l’hanno incoraggiato e accompagnato, e continuano su questa strada. Cosi facendo, hanno dato prova di uno straordinario cinismo che confina spesso con pratiche criminali, e hanno una pesante responsabilità nella catastrofe oggi in corso. Oggi, il crollo che ci riguarda, in effetti, e’ quello di un’era nella quale l’azione umana interferisce significativamente nel funzionamento della bio-sfera. Le catastrofi che ci minacciano sono prodotte dalla dinamica del sistema complesso della biosfera in coevoluzione con l’attività umana e alterata da questa. Di fronte alla minaccia ineluttabile di un crollo materiale della civiltà occidentale, si è passati a una semplice pulizia superficiale, con la terza rivoluzione industriale, ma anche questa non è bastata. Ancora il capitale non aveva compiuto quel passaggio definitivo per il controllo globale e garantirsi l’immunità, fisica e morale da ogni tipo di condizionamento e quindi ha definito la “quarta rivoluzione industriale”, quella verde e tecnologica, esattamente quella definita nell’Agenda del WEF che coincide poi con l’Agenda 2030 dell’ONU. Una trappola in cui, a nostro avviso, anche il Commercio Equo sta cadendo. E’ indispensabile, quindi, un cambiamento di paradigma. Non basta mettere in discussione gli eccessi del capitalismo ma la sua stessa essenza: la crescita economica misurata in valore di scambio delle merci. Vale a dire quel sistema in cui si realizzano profitti da accumulare per investire, in un moto perpetuo accelerato che cattura, estrae e divora persone e natura. Non si può ridurre la questione della salvezza del pianeta a una faccenda economica. [47] “Concentrando tutta la nostra attenzione solo sul modo in cui aggiustare l’economia, rischiamo di non vedere il quadro completo. Rifacendoci a Gramsci, pensiamo che vi sia un problema di “egemonia culturale” che impedisce al 99 per cento della popolazione umana di liberarsi dal dominio dell’1 per cento più egoista e prepotente. Per rovesciare la configurazione delle strutture sociali di potere – così asimmetriche, arroganti e violente – occorre quindi demolire l’idea di fondo che legittima i potenti a sottomettere i più deboli e a colonizzare il mondo. Questa cattiva idea è “il principio di dominio”, responsabile in ultima istanza della crisi ecologica, che “diventa egemone con la concezione fi-losofica dualistica del mondo (Francis Bacon e René Descartes, sul versante scientifico, Thomas Hobbes e John Locke, su quello socio-politico), secondo cui gli esseri umani sono soggetti superiori, gli unici dotati di spirito e intelletto, separati dalla natura e autorizzati a trattarla come oggetto inerte e meccanico, come “risorsa”” . [48] Non è l’economia lo scoglio più difficile da superare, ma sradicare dalle menti l’idea che per esaudire i nostri bisogni e i nostri desideri sia necessario produrre merci in quantità sempre maggiore e più in fretta. La transizione ecologica riguarda prima di tutto l’atteggiamento mentale. Se riusciremo a superare l’idea di una natura avara e scarsa e a vederci invece come sua parte, allora, forse, la considereremo non solo sufficiente e bastevole, ma abbondante. In definitiva il Commercio Equo non può limitarsi ad inserirsi esclusivamente nel dibattito tra “capitalismo buono” e “capitalismo cattivo”, propendendo per il primo, cancellando secoli di storia in cui la lotta dei poveri contro i ricchi ha fatto raggiungere posizioni di accettabilità, vivibilità, nella difesa di diritti civili solo per mezzo della lotta di classe. Senza prendere in considerazione l’analisi del rapporto anti-nomico capitale/lavoro, si butterebbe via il bambino con l’acqua sporca. Non si può tentare di risolvere il problema della povertà pensando di risolvere il divario tra ricchi e poveri o tra paesi ricchi e paesi poveri, pensando che i ricchi si ricredano e tornino sui loro passi autodecidendo di guadagnare meno, di sfruttare meno e di investire di più per l’ambiente e la natura. La contrapposizione esiste, la lotta di classe esiste, e non possiamo cancellarla con un colpo di spugna di bontà e di pace. Non c’è pace senza giustizia e la giustizia sociale è ancora di là da venire e non sarà certo per iniziativa unilaterale di una sola parte, ma sarà l’altra parte a doversela guadagnare. Insomma alla domanda: «Riforma o rivoluzione?», ritornando a Gramsci, il concetto di “egemonia” permette di rispondere: riforma come avanzamento sulla strada della rivoluzione, elaborazione di un programma di transizione in grado di legare le rivendicazioni parziali dei settori più coscienti dei movimenti sociali e avanzare una proposta politica e sociale di rottura con il capitalismo.

Nettuno, 28 maggio 2021
Fiorenzo Testa
Associazione Acquadolce

Note

[2 https://www.thelancet.com/journals/lanmic/article/PIIS2666-5247(21)00069-0/fulltext?fbclid=IwAR2k4CONqgw82VLs_iD06a43-EP2_7Rm3hVbJTvqcFPTUCz9Uq_nlpEJKaw

[5Circolare del 26 aprile 2021 Ministero della Salute

[23Costituzione art. 2, art.3, art. 16, art. 32

[24TRIBUNALE ROMA Sentenza del 16_12_202
Consiglio di Stato, ordinanza n.2221/2021 del 23 aprile 2021

[26Vandana Shiva – Andre Leu “Agroecologia e crisi climatica” Ed. Terra Nuova

[30VALUTAZIONI CRITICHE SULLA “TRANSIZIONE ECOLOGICA” DEL P.N.R.R.
Recovery Plan – P.N.R.R. VERSUS NextGenerationEU – Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua

[32 https://contrattoacqua.it/public/upload/1/2/tab_elms_docs/1404320102n0947935.pdf
Resolution adopted by the General Assembly on 28 July 2010 [without reference to a Main Committee (A/64/L.63/Rev.1 and Add.1)] 64/292. The human right to water and sanitation

[33RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO ADOTTATA L’8/9/2015

[34Sentenza n.24/2011 del 12/01/2011 e n. 26 del 26/01/2011 Corte Costituzionale

[35 Art. 1, Art. 3, Art. 75 Cost

[38WBPERSPECTIVES 2020...ECONOMIC CYCLE DAVOS AGENDA

[46 Economia civile, sociale, solidale di Fabio Cucculelli | 27 ottobre 2014

[47Non possiamo fare a meno della decrescita Paolo Cacciari 19 Maggio 2021
https://comune-info.net/non-possiamo-fare-a-meno-della-decresci

[48Less Is More: How Degrowth Will Save The World di Jason Hickel

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