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Acqua in Movimento.

Ultimi sviluppi del problema "Acqua", dal nazionale ai territori: considerazioni

16 marzo 2016

Cinque anni dopo la straordinaria vittoria referendaria del movimento per l’acqua, Partito Democratico, governo Renzi e ministro Madia tentano un doppio affondo per chiudere definitivamente l’anomalia di un pronunciamento democratico dell’intero paese, frutto di un’esperienza di partecipazione dal basso senza precedenti che ha imposto il paradigma dei beni comuni contro il pensiero unico del mercato.

E di nuovo 5 anni dopo i movimenti per l’acqua sono di nuovo in prima fila per una nuova campagna referendaria.
Partono i Referendum sociali per la scuola pubblica, per bloccare il Piano nazionale inceneritori, per l’opzione "Trivelle zero" in Italia e per la difesa dei beni comuni.

il 13 marzo scorso a Roma al Cinema Palazzo si è svolta una partecipatissima assemblea nazionale con centinaia di persone provenienti da tutta Italia che ha dato avvio alla nuova stagione referendaria.

Da giovedì prossimo 17 marzo si avvierà il deposito dei primi quesiti alla Cassazione per far partire la raccolta delle firme con un evento unitario e diffuso il 9 e 10 aprile che darà vita alla campagna nazionale di mobilitazione che si chiuderà entro il 9 luglio prossimo.

L’obiettivo è superare le 500.000 firme necessarie per tutti i sei quesiti referendari già in campo, oltre quelli contro la privatizzazione dei beni comuni in via di definizione, per andare al voto nella primavera del 2017.

1. La Campagna referendaria

Per campagna referendaria si intende la costruzione di un’iniziativa unitaria sui temi sociali, già evidenziata all’Agora dell’Acqua del 7-8 novembre 2015, con la quale richiedere l’abrogazione di alcune norme con cui il Governo vuole rilanciare la privatizzazione dei servizi pubblici (SPL), attaccare il ruolo pubblico e universale della scuola (vedi Decreto sulla “Buona Scuola”) e rilanciare l’aggressione al territorio e all’ambiente con le trivellazioni petrolifere (vedi Decreto “Sblocca Italia”). A riguardo, già il Movimento per la difesa della scuola pubblica ha formulato un referendum abrogativo di alcune parti della riforma del Governo Renzi,; la campagna contro il saccheggio del territorio, con l’obiettivo di lanciare un referendum abrogativo delle norme sulle trivellazioni anche oltre le 12 miglia; l’iniziativa della CGIL per promuovere l’abrogazione del decreto sullo Jobs Act e una legge di iniziativa popolare per un nuovo Statuto dei Lavoratori. .

1.2. Referendum confermativo della legge di modifica Costituzionale e legge elettorale “Italicum”

Su queste iniziative si innesca un altro processo referendario che è quello riguardante la legge di modifica costituzionale votata dal parlamento a maggioranza semplice e quindi sottoposta a referendum confermativo. Tale legge modifica l’assetto parlamentare eliminando l’elezione per il Senato della Repubblica e introducendo un processo di nomina dei senatori, cui si aggiunge la nuova legge elettorale definita come “Italicum” il cui combinato disposto delimita ulteriormente gli spazi di democrazia, determinando di conseguenza scelte di natura politica ed economica fuori dal controllo diretto dei cittadini e sempre più accentrato nelle mani del Governo in carica. Per questo i Movimenti per l’Acqua si schierano con il Comitato per il NO al referendum costituzionale sostenendo e aderendo alla campagna referendaria promossa. Perché si scrive "acqua" ma si legge democrazia!

1.3. Legge iniziativa popolare sul SII

Continua inoltre la battaglia in commissione Ambiente della legge di iniziativa popolare sul SII portata avanti dal gruppo interparlamentare sull’Acqua che, dopo varie battute di arresto, con la complicità dello stesso presidente Realacci (PD), ha finalmente superato lo scoglio degli emendamenti che sono stati definiti e messi in discussione immediatamente. Nei prossimi giorni la legge , presentata con oltre 400.000 firme nel 2007, approderà nell’aula parlamentare: vi arriverà, tuttavia, con una serie di emendamenti, portati avanti dal Partito Democratico, che ne stravolgerà il testo e il significato, eliminando ogni riferimento alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e alla sua gestione partecipativa, che ne costituivano il cuore e il senso. Per questo SEL e M5S hanno deciso di ritirare la firma al disegno di legge.

1.4. Decreto Lgs. “Legge Madia” Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali

Il decreto attuativo della riforma della Pubblica Amministrazione c.d. legge “Madia” in corso di definizione, rappresenta la completa restaurazione di quanto abrogato dal referendum di giugno 2011. Oltre a definire il SII un servizio di rete, un servizio di rilevanza economica generale, quindi sottoposto alle regole di mercato, nello specifico porta con sé due norme che contraddicono completamente e spudoratamente l’esito referendario, dando un’ulteriore e definitiva spallata alla volontà popolare cui tutti i partiti sempre fanno riferimento.
Infatti l’art. 8 comma 1 lettera d) stabilisce che l’Azienda Speciale è una regola di gestione esclusiva per i servizi non a rete, quindi non si può fare per il Servizio Idrico e per tutti i servizi pubblici locali. L’art. 23 comma 1 lettera d) stabilisce che il calcolo della tariffa è improntato tra l’altro, al criterio dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Pertanto siamo di nuovo di fronte ad un attacco esplicito ancora più spudorato del Governo Berlusconi la cui iniziativa era stata censurata dalla suprema Corte: oggi il Governo Renzi ci riprova, senza mezzi termini.

1.5. La finanziarizzazione dei Servizi Pubblici

Un’altra bomba lanciata dal Governo Renzi contro il referendum per rilanciare la privatizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni è contenuta nelle norme dello “Sblocca Italia” e della Legge di Stabilità. Uno è il principio dell’unicità della gestione e l’imposizione del Gestore Unico che favorisce la fusione dei piccoli in un contenitore più grande che abbia già il 25% della quota di popolazione gestita nel servizio in un determinato territorio (Regione), favorendo la creazione di Holding di Servizi quotate in borsa. L’altro è il principio di razionalizzazione delle società partecipate locali che limitando l’affidamento “in house”, impedisce la formazione di Società a capitale pubblico e di Aziende speciali, togliendo di fatto la capacità finanziaria di detti Enti. Infatti l’art. 43 della Legge di stabilità stabilisce:
1) L’obbligo per l’Ente locale che compie la scelta “in house” ad accantonare nel bilancio ogni triennio una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto:
2) In caso di fusioni e acquisizioni, rende possibile l’allungamento delle concessioni per il gestore subentrante;
3) che i finanziamenti derivanti da risorse pubbliche devono essere prioritariamente assegnati ai gestori privati o a quelli che hanno deciso di aggregarsi in società più grandi;
4) che gli Enti che decidono di dismettere le loro quote nelle società partecipate, i proventi che ne derivano sono fuori dal Patto di Stabilità.
E’ chiaro che con queste misure gli Enti locali tenderanno a disfarsi delle loro partecipazioni in società controllate a favore del socio privato, e nessun Ente sarà in grado di creare un’Azienda Speciale, visto la mole di investimenti preventivi che dovrà sostenere prima ancora di cominciare. Il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti (CDP) diventa fondamentale in questo nuovo assetto essendo il primo finanziatore delle fusioni, aggregazioni e acquisizioni da parte delle grandi società di gestione dei servizi. Anzi allo scopo ha già creato un fondo per finanziare questo processo mettendosi a capo della cordata finanziaria che rovescerà bidoni di soldi sui tavoli dei C.d.A. di A2A, HERA, IREN, ACEA. C’è inoltre da considerare oltre al danno anche la beffa, che tutto questo avverrà utilizzando i soldi di quegli stessi cittadini che nel 2011 avevano votato per l’acqua fuori dal mercato e dal profitto.

2. Il problema del Gestore unico regionale

Per quanto riguarda i processi di “aggiustamento” a livello regionale sul SII c’è da segnalare la totale ignavia della Giunta della Regione Lazio nell’applicare la Legge n. 5/2014, mancando di definire i decreti attuativi, in particolare la definizione dei “Bacini Idrografici” che metterebbe un freno al dilagare dei processi di accaparramento da parte di ACEA S.p.a. delle quote di partecipa-zione all’interno della proprietà dei vari gestori attualmente affidatari del servizio idrico. I processi di fusione, voluti dal Governo Renzi, stanno avendo la loro realizzazione anche nella Regione Lazio con la complicità del Presidente Zingaretti e di tutta la Giunta, nonché l’approvazione strisciante del Comune di Roma (socio di maggioranza di ACEA S.p.a.). L’ennesimo episodio di questa strategia è avvenuto il 17 febbraio scorso in occasione della Conferenza dei Sindaci dell’ATO2 dove 112 Comuni del Lazio si sono dichiarati contrari alla fusione del gestore della Provincia di Roma con quello della Provincia di Frosinone, stabilendo di passare all’azione legale nel caso in cui ACEA non tenesse conto di questa decisione. A mancare all’appuntamento sono stati il Comune di Roma nella persona del sub-Commissario Spadoni e l’Assessore all’Ambiente della Regione Lazio Refrigeri, “il depositario” dell’applicazione della Legge regionale sull’Acqua votata all’unanimità dal Consiglio Regionale. Si ricorda che il gestore unico regionale è tra le novità più importanti del D.L. n. 133/2014 c.d. “Sblocca Italia” voluto dal Governo Renzi per “contenere la frammentazione” delle diverse regole di gestione all’interno di un determinato territorio. Noi diciamo invece per eliminare ulteriori spazi di controllo e democrazia da parte dei cittadini allontanandoli sempre di più dalla “governace” verticistica del SII che si manifesta:
1) Nell’accaparramento di quote azionarie da parte delle Società quotate in borsa e quindi all’accentramento della gestione;
2) Nell’esautorazione dei poteri di controllo e di indirizzo degli Enti Locali (Comuni) sui servizi pubblici e quindi degli stessi cittadini elettori-utenti;
3) Nell’incentivazione alla privatizzazione dei servizi pubblici in particolare del servizio idrico a discapito della volontà popolare espressa dal referendum di giugno 2011;
4) Nel mantenimento di una quota, seppur minoritaria, all’interno delle società di gestione (multiutility), da parte delle amministrazioni locali che, con la distribuzione dei dividendi (profitto), utilizzano le risorse finanziarie, destinate alla gestione dei servizi, come “bancomat” per altri affari più o meno prioritari, o comunque destinate a mantenere un minimo di gestione clientelare all’interno di dette società per rafforzare il consenso politico, oltre che “un posto di lavoro” per i “trombati” della politica all’interno dei C.d.A.

3. .Nei nostri territori

3.1. Le responsabilità dei Sindaci e della politica nel dissesto idrogeologico del territorio

L’opera instancabile dei nostri Sindaci per “efficientare” le casse del gestore a discapito degli interessi dei loro concittadini ha determinato quello che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Per citare solo gli eventi più palesi:
1) rete fognaria sull’orlo del collasso e dissesto idrogeologico del territorio: basta una pioggia un po’ più insistente del solito e le fogne scoppiano, le strade si allagano, l’acqua entra nelle case;
2) acquedotto colabrodo: strade continuamente allagate per rottura di tubazioni che rimangono settimane senza intervento;
3) La presenza dell’arsenico al limite del consentito, anche dopo l’installazione dei dearsenizzatori: gli impianti sono limitati nella quantità di mc filtrati, oltre la quale l’arsenico continua a passare; l’abbassamento delle falde per cause antropiche, industriali, ambientali e climatiche, determina una captazione sempre più in profondità, fino ad arrivare agli strati geologicamente più vecchi (vulcanici) con alta presenza di arsenico.
4) L’uso massiccio di cloro per disinfestazione, oltre ad abbassare la qualità dell’acqua potabile, mette a rischio la salute dei cittadini che accumulano nell’organismo un elemento che combinato con alcune sostanze che assumiamo normalmente con gli alimenti (frutta, verdura, tè, ecc.)risulta altamente nocivo e di cui non si conoscono ancora le potenzialità negative per il nostro corpo: l’uso del cloro è determinato dal rischio di presenza di batteri potenzialmente nocivi all’organismo umano, ma, allo stesso tempo, rende evidente lo stato di impurità delle acque potabili e la mancanza di trattamenti alternativi e/o la mancanza di cure dell’ambiente e del territorio.

Ma di acqua non se ne parla, e non se ne deve parlare, né nei Consigli Comunali né in tutti gli altri consessi politico-elettorali. Evidentemente gli interessi intorno a questo problema sono enormi e inconfessabili e/o la disinformazione e l’ignoranza della materia è deprimente per tutte le forze politiche in campo.

3.2. Il caso Canoni concessori e Consorzi di bonifica

Le operazioni di bilancio e finanziarie del gestore concorrono esclusivamente all’esclusivo beneficio di Acqualatina. Sempre con la complicità dei Sindaci, ormai palesemente “sul libro paga” del gestore, si avallano operazioni al limite della legalità come, ad esempio, il problema dei Canoni Concessori, mai pagati da Acqualatina, anzi addirittura stornati e devoluti al pagamento dei Consorzi di Bonifica e senza giustificare queste mancate entrate nei rispettivi bilanci comunali. Tanto da fare intervenire la Corte dei Conti per vederci chiaro ed “attenzionare” i Sindaci per danno erariale: noi diremmo per truffa nei confronti dei cittadini che si vedono sottrarre fondi comunali (cioè di tutti) dal loro controllo e sotto i loro occhi.

3.3. L’aggiornamento della Carta dei Servizi

A fronte di tutto questo, il gestore ha proposto l’aggiornamento della Carta dei Servizi, ultimo regalo agli utenti, cancellando gli articoli riguardanti la riduzione del flusso idrico per morosità nei confronti degli utenti domestici prima casa, cioè se non paghi non hai diritto neanche al minimo vitale di 50 lt giornalieri, non ha importanza per quale motivo non paghi: sei disoccupato, nullatenente, pensionato sociale, invalido civile, niente acqua. Fondo sociale? Sono finiti i soldi! No soldi, no acqua!

3.4. Il Fondo Sociale dirottato per altri scopi

Il Fondo Sociale, come sappiamo fondo è stato istituito per far fronte al pagamento delle bollette per le famiglie indigenti e comunque per far fronte a problemi di disagio economico e sociale, ebbene detto fondo è stato utilizzato per pagare parte del Canone di Concessione delle reti dovute da Acqualatina ai Comuni ( vedi atti dell’indagine del MEF nei confronti della provincia di Latina, Ente Coordinatore dell’ATO4, in particolare , la lettera accompagnatoria alla risposta della Provincia al Ministero delle Finanze che chiedeva conto dei mancati introiti).

3.5. Il Problema degli investimenti mancati, bilanci truccati e alchimie contabili: la colossale truffa nei confronti dei cittadini

Il piano degli investimenti all’inizio della gestione (2003) prevedeva:
1) un totale di investimenti per 146 milioni di euro entro il 2008;
2) 194 milioni entro il 2011;
poi invece il piano è stato rivisto a ribasso:
1) 146 milioni rinviati al 2009;
2) Solo 120 milioni entro il 2011;
3) Nel 2008 sono stati fatti solo 74 milioni e 123 milioni previsti nel 2011.
Pertanto al 2011 sono stati investiti effettivamente circa 21 milioni in meno rispetto al piano iniziale “opportunamente” rimodulato.
Premesso poi che il contratto di gestione prevede il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio a prescindere dall’effettivo andamento della gestione, Acqualatina, a fronte delle perdite/utili d’esercizio, vantava un credito nei confronti dell’ATO 4 (dell’utenza) in media di circa 9 milioni l’anno. I debiti invece che Acqualatina verso i Comuni dell’ATO 4 e che si sono accumulati nel tempo, effettivamente accertati, sono di circa 17 milioni di euro, di cui 6 milioni per le rate di mutuo già pagate dai comuni e mai rimborsate dal gestore, e di 11 milioni di canone concessorio delle reti affidate dai comuni al gestore.
Esiste poi il c.d. “debito occulto” che Acqualatina mantiene nei confronti dei comuni (sindaci complici) di 21 milioni di euro per il mancato pagamento dei Consorzi di bonifica pagati con la tariffa, cui si aggiungono i 20 milioni per il trasporto d’acqua verso Ponza e Ventotene, previsti dal contratto di gestione a carico di Acqualatina e caricati in tariffa, ma pagati dall’ATO 4, per un totale di 41 milioni.
E per finire abbiamo anche il c.d. “Debito bloccato”, questo “direttamente” dovuto agli utenti dell’ATO 4, che deriva dalla mancata applicazione del contratto di gestione sul controllo della qualità del servizio: il famigerato parametro MALL che, al 31/12/2011 corrisponde a circa 31 milioni di euro.
Possiamo sintetizzare con una sola parola, “truffa”, quello che è stato occultato ai cittadini-utenti da Acqualatina e dai suoi complici, i Sindaci, le Giunte, i Consigli Comunali, tutta la politica insomma, il cui importo complessivo fino al 2011 e dell’ordine dei 90 milioni di euro.

4. Il problema della tariffa applicata

4.1. Premessa

Sappiamo oramai per certo che la tariffa idrica applicata nell’ATO 4 è fuori legge a partire dall’affidamento del servizio idrico ad Acqualatina nel lontano 2002. E qui il discorso si fa ancora più “tecnico” perche dobbiamo parlare di metodi di calcolo. Il metodo di calcolo all’inizio della gestione era il c.d. “Metodo Normalizzato” definito dal D.M. dello 01/08/1996, il c.d. “Decreto Di Pietro”. La tariffa era determinata secondo la formula

T= (C+A+R) x (1+P+K)

Dove C definisce i costi operativi, A definisce gli ammortamenti degli investimenti, R la remunerazione del capitale investito, P il moltiplicatore per aggiornamento ISTAT e K il c.d. limite di prezzo, un moltiplicatore che serviva a mantenere costante l’aumento della tariffa per evitare picchi di aumento indiscriminato. Il D.M fissava il parametro K, per le nuove gestioni al massimo al 25%. I nostri Sindaci hanno pensato bene invece di fissare questo parametro al 36,84% con la “giustificazione” di evitare al povero gestore un eventuale mancato incasso dovuto al passaggio delle consegne dalla vecchia gestione (Carano) alla nuova e stabilendo, in più, la divisione della tariffa tra una quota fissa dipendente dal consumo idrico medio per utente ( una sorta di canone) e una quota variabile, l’effettivo consumo idrico. Non contenti e pensando di agevolare ancora meglio il povero gestore, i nostri lungimiranti sindaci hanno stabilito aumenti di tariffa di anno in anno superiori al tasso di inflazione programmata (ISTAT): per esempio se il tasso ISTAT era del 2% la tariffa aumentava del 5%, poi dell’8%, 9% e cosi via. Tutte operazioni, si badi bene fuori legge, tanto da risultare da un dossier, presentato al Garante Regionale del SII, fino al 2011, un aumento, fuori legge, della tariffa, del 42%.
Poi c’è stato il referendum di giugno 2011 che ha abrogato la remunerazione del capitale in-vestito (il parametro R nella formula della tariffa), pertanto sarebbe bastato togliere la R nella formula di calcolo e continuare a calcolare la tariffa come prima, sempre però fuori legge. Questo è quello che abbiamo fatto in tutta Italia con la campagna Obbedienza Civile. Ma questa operazione era troppo semplice, ma soprattutto, troppo poco remunerativa per i gestori. Allora si è pensato di cambiare tutto, come al solito, per non cambiare niente, nuova tariffa, nuovo metodo, nuovo assetto dei servizi pubblici ed è spuntata l’Autorità Nazionale AEEG e il Metodo Transitorio, poi diventato definitivo con il MTI. Ma questo è cosa di oggi.
L’importante è adesso sapere come è cambiato il calcolo della tariffa. Prima di tutto non si chiama più “tariffa” ( e questo già la dice lunga sul metodo di calcolo post referendario) ma si chiama “Vincolo Riconosciuto ai Ricavi del Gestore” VRG la cui formula di calcolo è diventata un’iscrizione geroglifica di simboli incomprensibili ai comuni mortali ( se non fai parte minimo del gruppo “Bilderberg” non puoi capire):

VRG = Capex + Opex + FNIFoNI +COEE + COWS + COAltri + ∑(MTp + ACp)

Ma “ob torto collo” ce l’abbiamo fatta, almeno a capire lo “spirito” della formula e comunque abbiamo capito, senza ombra di dubbio che aveva reintrodotto la remunerazione del capitale investito sotto mentite spoglie, cambiando solo il nome e introdotto nuovi parametri fuori legge.
Il primo problema sta nel coefficiente “Capex” = costi delle immobilizzazioni, che contiene al suo interno il parametro. CIN= costo del capitale investito netto definito dall’art. 11 Allegato “A” Delib. 585/2012 AEEG, che contiene a sua volta il coefficiente OF=“oneri finanziari” che corrisponde alla reintroduzione surrettizia della vecchia “remunerazione del capitale investito”; esso è calcolato in base a tabelle di matematica finanziaria i cui parametri definiscono, non i costi effettivi sostenuti dal gestore ( interessi, commissioni, spese bancarie) ma una percentuale di rischio dell’investimento pari complessivamente 6,6%, esattamente come la vecchia R del metodo normalizzato che era fissata al 7%; a quest’ultimo coefficiente si aggiunge OFisc che rappresenta la percentuale degli oneri fiscali a carico del Gestore, tutti e due definiti dagli artt. 18,19,20,21,22 all.”A” Delib 585/12 AEEG
Il secondo problema è il parametro FNI che contiene al suo interno il coefficiente FoNI= fondo nuovi investimenti, cosi come applicato ai sensi dell’art. 42 allegato “A” Delib. 585/12 AEEG. Questo parametro determina un’ulteriore aggiunta alla tariffa, che prima non c’era, e definisce, contrariamente a quanto previsto dalla legge, un costo “futuro” che non può essere compreso in tariffa avendo questa natura di corrispettivo e, come prevede la giurisprudenza contabile, deve essere formata da costi certi, effettivamente sostenuti.
Il terzo problema è la copertura dei rischi su crediti pari al 2% di quanto definito in bilancio che sono caricati sulla tariffa sia se tali crediti siano esigibili (quindi recuperati) che non esigibili. In pratica al gestore gli viene garantito la copertura totali dei rischi, Rischio d’Impresa = 0, impossibile per qualunque imprenditore in qualsiasi altro settore economico.
Tutto questo e altro ancora è stato oggetto del ricorso che il Forum nazionale dei Movimenti per l’Acqua, Federconsumatori e separatamente il Comune di Aprilia hanno presentato al TAR Lombardia contro Governo e AEEG. Il TAR, nel 2014, ha dato torto ai 27 milioni di italiani che avevano abrogato il profitto sulla tariffa idrica, con una sentenza motivata esclusivamente dall’accettazione della teoria economica neoliberista. Contro la sentenza del TAR Lombardia, i Movimenti per l’Acqua e lo stesso Comune di Aprilia hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato. I giudici del C.d.S., non sapendo che pesce prendere, invece di emettere la sentenza definitiva, hanno nominato un collegio di periti per definire, una volta per tutte, quanto deve essere questa "remunerazione del capitale", definendo anche i tempi del procedimento: entro marzo 2016 presentazione della perizia, entro giugno 2016 ultima udienza e poi sentenza. Il collegio peritale già a gennaio ha presentato richiesta di proroga dei termini che i giudici hanno accettato, facendo slittare a settembre l’udienza definitiva. Oggi c’è un’ulteriore richiesta di proroga da parte dei periti nominati dai Giudici che è stata di nuovo accolta dalla Corte ed ha fatto slittare ulteriormente l’udienza al 15 dicembre 2016.
Insomma, pare che “l’affare” si complica e neanche i periti riescono a fare un’analisi condivisa della questione. Il problema, anche tecnicamente, non è di facile soluzione. Forse anche i periti si saranno accorti della palese violazione della volontà popolare?
Ma forse non possono dirlo apertamente perché salterebbe tutto il “sistema”.
Questa è la più colossale truffa ordita ai danni del popolo italiano dalla nascita della Repubblica!

4.2 La tariffa idrica dell’ATO 4 Lazio meridionale- Latina: truffa su truffa

La tariffa di Acqualatina applicata col nuovo metodo tariffario idrico non è ricominciata da capo ma ha avuto come base di partenza quella applicata nel 2012 e su questa è stato calcolato il nuovo metodo tariffario. Di conseguenza, essendo l’ultima tariffa transitoria nemmeno approvata dalla Conferenza dei Sindaci dell’ATO 4, come prevede la legge, si è aggiunta illegalità a illegalità. A tutto questo va aggiunto il recupero delle c.d. “Partite pregresse” deliberate dall’ATO fuori tempo massimo e un deposito cauzionale applicato senza il rispetto delle caratteristiche normative stabilite dall’AEEG, tant’è vero che la stessa autorità ha emanato provvedimento sanzionatorio nei confronti del gestore, non ancora sanato (vedi De-lib. N. 379/2104 AEEG)
Ci ritroviamo così:
1) una tariffa fuori legge perchè superiore ai parametri di aumento consentiti dalla legge;
2) Una nuova tariffa fuori legge perchè non approvata dall’ATO 4 e calcolata comunque su una base già fuori legge;
3) L’aggiunta di altre voci di costo fuori dalla normativa vigente;

Insomma, una bolletta idrica che dovrebbe essere rimandata al mittente inevasa.

Fiorenzo Testa
Segreteria Operativa
Comitato AcquaPubblica Anzio-Nettuno

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