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La Costituzione italiana non è neoliberista

Fiorenzo Testa 22 giugno 2021

30 giugno 2021

I primi quattro articoli della Costituzione definiscono già cosa deve essere la Repubblica, intesa come comunità di individui liberi. Non a caso il primo articolo è la definizione di quello che deve e dovrà essere questa comunità: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La nostra comunità è fondata sul LAVORO, non sullo stato, sul capitale, sulla proprietà o la finanza, ma sul lavoro, il che stabilisce fin da subito di chi è la supremazia nel rapporto capitale/lavoro nel sistema economico che non è certo un concetto neoliberista.

Ma la costituzione procede imperterrita con il secondo articolo,per chi ancora non avesse capito: Articolo 2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. E qui quello che prevale nella ricerca e nella difesa della coesione sociale è la SOLIDARIETA’, che la definisce un dovere inderogabile; esattamente il contrario della “competizione” che è il cuore del neoliberismo e del capitalismo in generale. Quindi la solidarietà è un dovere, non solo morale, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, ma l’azione quotidiana che si manifesta in tutte le attività dell’uomo e del cittadino: politica, economica e sociale.

Articolo 3-Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Questo definisce in maniera sostanziale qual è “il compito della Repubblica”: partendo dal lavoro, quale fondamento della comunità, la solidarietà come guida per la società, bisogna rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono l’effettiva PARTECIPAZIONE di tutti i lavoratori, non dei portatori di interessi particolari, all’organizzazione della comunità. Esattamente il contrario del decisionismo governativo imperante oggi tra le nostre istituzioni. Non è “la governabilità”o “la governance” la via da seguire e da difendere delle istituzioni, ma la “partecipazione”, quel concetto che abbiamo sempre espresso per la gestione del SII.

Articolo 4-La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Questo articolo stabilisce che lo scopo della Repubblica, fondata sul lavoro, non può che essere la piena occupazione. Il “lavorare meno, lavorare tutti” è pienamente espresso in questo articolo. Tutto ciò che viene compiuto da ogni singolo cittadino è in funzione del progresso della società, non personale, ma di tutti e tutti insieme, scardinando totalmente la corsa al massimo profitto, all’interesse personale, o di una oligarchia più o meno illuminata che sovrasta i bisogni della comunità. Lo sfruttamento non è ammesso dalla nostra Costituzione, è incostituzionale e va perseguito. Questo dice l’articolo 4! Ma i padri costituenti sono andati oltre nello stabilire e nello spiegare i principi fondanti della Carta Costituzionale, definendo cosa può fare e cosa non può fare chi detiene i mezzi di produzione, il capitale, la proprietà privata:

Art. 41 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Il capitale da investimento, se pur permesso non può essere in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione: libertà, lavoro, dignità umana. Altrimenti l’attività privata è bandita dalla comunità, non è parte della Repubblica. Esattamente il contrario di quanto avvenuto e avviene con le privatizzazioni, la massimizzazione dei profitti, lo sfruttamento, l’impoverimento sistematico, il ricatto sociale, la mercificazione dei beni comuni. E non ultimo

l’Articolo 43-A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Esattamente quello che noi vorremmo per la gestione dei SII: la gestione in situazioni di monopolio e di preminente interesse generale. Se questo non è il servizio idrico, ditemi voi a che altro si riferisce! E’ un servizio pubblico, è in una situazione di monopolio, è di preminente interesse generale.

Tutto questo sarebbe da ricordare al Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, al Parlamento, rappresentante del popolo sovrano, al Governo che viene lasciato decidere a senso unico, ormai in mano ad una oligarchia economico-finanziaria, ma soprattutto a noi, ai cittadini, agli unici detentori di un potere di autodeterminazione che non sappiamo o non vogliamo riprenderci in mano.
La Costituzione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza non è cosa da neoliberisti. Ribellarsi è giusto!

Nettuno, 22 giugno 2021 Fiorenzo Testa

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