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ACQUA A RISCHIO IN ITALIA. STATO E REGIONI INADEMPIENTI, LA VERA GRANDE OPERA È IL RISANAMENTO!

11 febbraio 2016

ACQUA A RISCHIO IN ITALIA. STATO E REGIONI INADEMPIENTI, LA VERA GRANDE OPERA È IL RISANAMENTO!

di AUGUSTO DESANCTIS ⋅ 7 FEBBRAIO 2016 ⋅

In Italia, nel silenzio generale, stiamo perdendo l’acqua sotterranea!

Le acque sotterranee non si vedono ma costituiscono un patrimonio di fondamentale importanza.

Se qualcuno ci chiede di pensare all’acqua ci sovviene l’immagine di un fiume e non quello dell’acqua che abbiamo sotto i piedi. In realtà l’acqua dei fiumi è solo una minima parte dell’acqua di un territorio.

Falde e acquiferi sono contaminati da sostanze che percolano attraverso i terreni provenendo da scarichi industriali, rifiuti accumulati sul suolo o interrati, contaminazione del terreno, fitofarmaci e fertilizzanti usati in agricoltura, scambi con fiumi inquinati.

Le acque italiane sono sottoposte dal 2003-2004 ad un monitoraggio costante da parte delle agenzie regionali dell’ambiente secondo le modalità previste dalla Direttiva Comunitaria 60/2000/Acque (http://www.direttivaacque.minambiente.it/documenti/Direttiva_2000-60-CE.pdf). Ci sono punti di monitoraggio su tutto il territorio che vengono campionati periodicamente. Si tratta di pozzi o piezometri (qui sotto un piezometro in un’area contaminata).

Le acque sotterranee vengono analizzate e, sulla base dei risultati, sono classificate in classi di qualità, buona o scarsa. Un quadro riepilogativo generale è contenuto nel rapporto dell’ISPRA “STATO DELL’AMBIENTE IN ITALIA” (http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/stato-dellambiente/annuario-in-cifre-annuario-dei-dati-ambientali-2014-2015).

Questati dati ufficiali dovrebbero far sobbalzare tutti, provocando un dibattito nazionale di ampia portata. Stiamo parlando del patrimonio idrico nazionale, fondamentale per tutti i processi vitali e anche per quelli produttivi, dall’agricoltura all’industria.

Finora circa 1/3 delle acque italiane è nella classe di qualità scarsa, con superamenti dei limiti di legge per almeno uno dei parametri.

La Lombardia ha oltre il 50% delle acque contaminate oltre i limiti di legge!

Altre regioni, come Basilicata, Puglia e Calabria non inviano neanche i dati all’ISPRA, un fatto gravissimo, visto che stiamo parlando di territori con grandi insediamenti industriali (Brindisi, Taranto, Manfredonia), vaste aree interessate da attività estrattive petrolifere (Basilicata) e smaltimento illegale di rifiuti (Calabria). A Brindisi, giusto per fare un esempio, sotto la discarica illegale di Micorosa nell’area industriale. la falda è inquinata a livelli pazzeschi, con il Cloruro di Vinile, un cancerogeno certo, 7,7 milioni di volte i limiti di legge; l’1,1, dicloroetilene 198 milioni di volte i limiti!

Ricordiamo che questi dati, sulla base del D.lgs.195/2005 dovrebbero essere resi accessibili da tutti gli enti che lio detengono attraverso i siti WEB istituzionali (http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/05195dl.htm).

L’agricoltura contribuisce a questa situazione sia attraverso l’uso di pesticidi che raggiungono le falde acquifere sia per l’uso sconsiderato dei fertilizzanti sia attraverso gli scarichi degli allevamenti che fanno aumentare la concentrazione di nitrati nelle acque sotterranee.

In Pianura Padana la situazione della contaminazione dei Nitrati è molto preoccupante, con molte aree che presentano valori di nitrati oltre i limiti di legge a zone a forte rischio. Qui sotto la mappa delle aree a maggior rischio secondo l’ISPRA.

Il problema dei nitrati non riguarda solo il Nord dove sono maggiormente concentrati gli allevamenti industriali. Qui sotto un’area abruzzese, quella lungo il fiume Vibrata, con superamenti dei limiti.

L’ISPRA ha pubblicato a fine 2014 un rapporto sui pesticidi nelle acque (http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-nazionale-pesticidi-nelle-acque.-dati-2011-2012.-edizione-2014).

Sui fitofarmaci bisogna poi fare una premessa. I dati sono preoccupanti ma quella rappresentata nel rapporto dell’ISPRA è quasi sicuramente una sottovalutazione perché dei 400 principi attivi in commercio ne vengono cercati 200 considerando tutti i monitoraggi regionali. Se prendiamo singole regioni vedremo che molte ricercano solo 50-60 principi attivi sui 400 in commercio.

Il Glifosate, ad esempio, uno degli erbicidi più usati in agricoltura, è stato cercato solo in Lombardia e, guarda caso, è stato trovato in molti campioni.

Preoccupa poi, il mix di pesticidi che può essere trovato nelle acque contemporaneamente nello stesso campione.

Inoltre, secondo l’ISPRA, il trend appare in peggioramento.

Anche per quanto riguarda l’inquinamento industriale probabilmente vi è una sottovalutazione. Per alcune sostanze, come i diffusi solventi clorurati (tetracloroetilene; tricloroetilene ecc.), i dati sono abbastanza completi. Invece altre sostanze vengono cercate più raramente e a volte basta cercare per…trovare.

E’ il caso dei composti perfluoroalchilici, i PFAS, additivi per vari prodotti, dalle plastiche ai vestiti, molto pericolosi per la salute umana in quanto sono interferenti endocrini. Ebbene, clamoroso è il caso del Veneto e in particolare del bacino del Brenta, dove circa 350.000 persone sono risultate esposte a questo gruppo di sostanze. Addirittura molti pozzi di approvvigionamento di acqua potabile sono risultati contaminati, a volte pesantemente.

Il problema delle acque sotterranee è assai rilevante anche per ragioni sanitarie in quanto gran parte dell’acqua italiana per il rifornimento idropotabile viene da pozzi o da sorgenti che possono subire l’influenza negativa delle attività umane che si svolgono in superficie nelle aree di ricarica delle falde.

Questo zone dovrebbero essere ferocemente protette. L’articolo 94 del Decreto legislativo 152/2006 teoricamente imporrebbe un assoluto rispetto di queste zone. Purtroppo in tante regioni i provvedimenti di tutela o sono stati presi in forte ritardo a danno già provocato o non sono ancora stati intrapresi (è il caso dell’Abruzzo).

Inoltre molti enti fanno finta di nulla per attività come quelle di estrazione di idrocarburi che possono essere estremamente dannose per la qualità delle falde.

Basti pensare che l’ENI ha appena presentato un progetto per scavare un pozzo di petrolio proprio al centro dell’unica area di ricarica della falda idropotabile della città di Novara!

Molti studi stanno dimostrando scientificamente che anche i pozzi convenzionali di idrocarburi possono contaminare le falde e gli acquiferi con perdite attraverso le camice dei pozzi. Quelli abbandonati sono molto pericolosi e dovrebbero essere attentamente monitorati. Qui sotto un’immagine tratta da una pubblicazione scientifica pubblicata nel 2014 sulla prestigiosa rivista dell’Accademia delle Scienze statunitense che dimostra come la perdita di tenuta delle camicie dei pozzi di idrocarburi convenzionali sia la causa della contaminazione delle acque sotterranee.

Ebbene, in Italia ci sono oltre 7.000 pozzi scavati per cercare idrocarburi e gran parte sono abbandonati. Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha scritto Lettera_Contaminazione_Acque_Idrocarburi_10_02_2015 a tutte le amministrazioni pubbliche nazionali e regionali chiedendo a quali monitoraggi sono sottoposti. Ad un anno di distanza non è pervenuta alcuna risposta. Lo stesso Ministero dell’Ambiente (sic!) non sembra tener in alcun conto delle pubblicazioni scientifiche inoppugnabili sui rischi per le acque sotterranee derivanti dai progetti petroliferi. Tutto ciò è inaccettabile sia per l’inadempienza degli enti rispetto a monitoraggi obbligatori sia per lo stato delle acque nelle aree monitorate che già oggi non risponde ai requisiti di qualità europei.

La vera grande opera in Italia è il risanamento ambientale!

Vedi on line : ACQUA A RISCHIO IN ITALIA.

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